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Archivi giornalieri: 15 ottobre 2021

Estremi vincolati

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In questa lezione vediamo

gli estremi vincolati,

il teorema dei moltiplicatori di Lagrange,

la funzione lagrangiana.

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Estremi vincolati

Prima di dare la definizione cerchiamo di chiarire qual è il nostro obiettivo.

Supponiamo di avere un insieme

e

di avere una funzione .

Stiamo quindi prendendo un insieme A nel piano x y, cioè

f è una funzione in due variabili.

Poi prendiamo una curva che ha un sostegno (cioè un grafico) Γ (è la lettera “gamma” maiuscola).

L’obiettivo è capire quali sono gli estremi di f vincolata a Γ.

Γ viene detto vincolo.

La funzione f vincolata a Γ si scrive anche così: f|Γ.

In pratica

si traccia una linea verticale dopo la f e si mette il pedice Γ.

Prima di dare la definizione spieghiamo con un esempio quello che abbiamo detto.

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esempio 1

Prendiamo la funzione seguente:

Se facciamo il test degli autovalori (Lezione 11) nel punto (0,0) notiamo che è presente un punto di sella.

Ora però ci chiediamo cosa succede se vincoliamo la funzione all’asse x.

In pratica,

vincolarla significa sostituire l’equazione dell’asse x dentro alla nostra f.

Se noi mettiamo

y=0 dentro ad f otteniamo f = x2.

Questa è la funzione vincolata all’asse x e notiamo che, essendo una parabola, ha un minimo in x=0.

La morale è che la funzione vincolata all’asse x in (0,0) ha un minimo.

Questo è un banale esempio per capire il concetto:

dobbiamo capire che cosa succede alle nostre funzioni quando le vincoliamo a determinate curve

(in questo caso all’asse x).

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definizione: punto di massimo vincolato

Data una funzione f(x, y)

e

chiamato Γ il sostegno di una curva (contenuto nel dominio di f),

il punto (xo, yo) è un punto di massimo vincolato per f(x, y)

se esiste un intorno U di (xo, yo) tale che:

Questo significa che

la funzione nel punto di massimo deve essere più grande della funzione nei punti vicini.

Tuttavia

i punti vicini vanno presi nell’intersezione tra U e Γ

quindi non vanno presi tutti i punti

(cioè tutti quelli di U) ma solo quelli che stanno anche su Γ.

La definizione: punto di minimo vincolato

è praticamente identica,

bisogna solo mettere un “≤” al posto del “≥”.

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metodi per individuare gli estremi vincolati

Ci sono due metodi che ci consentono di individuare gli estremi vincolati.

Vedremo un esempio

per il primo metodo (che è quello più tranquillo);

per il secondo metodo invece faremo le cose per bene.

  • Parametrizzare il vincolo

    Il vincolo Γ è il sostegno di una curva. Sappiamo che le curve dipendono da un solo parametro.

    Il nostro obiettivo è parametrizzare la curva, ovvero scrivere x(t) e y(t) in modo tale che poi possiamo sostituirle in f(x, y) e ottenere una funzione che dipende solo da t. A quel punto troviamo gli estremi imponendo che la derivata sia nulla (ha una variabile sola quindi è facile).

  • Usare i moltiplicatori di Lagrange

    Questo metodo lo approfondiremo nel corso della lezione. Si usa una specie di teorema di Fermat, però usato per il calcolo degli estremi vincolati.

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esempio 2:

parametrizzare il vincolo

Troviamo i massimi e i minimi della funzione f(x, y) = x y sulla circonferenza di centro (0,1) e raggio 1.

Soluzione

La circonferenza che ci danno loro è la curva, ovvero il vincolo, su cui calcolare i massimi e i minimi.

Questa circonferenza ha equazione x2 + (y-1)2 = 1 perché ha il centro in (0,1) e raggio pari a 1.

Vediamo come possiamo fare parametrizzando il vincolo.

Abbiamo detto che dobbiamo scrivere la x(t) e la y(t).

Siccome la nostra circonferenza ha centro in (0,1) otteniamo queste equazioni, che sono le tipiche equazioni di una circonferenza:

Come vedete,

noi in una circonferenza sappiamo che la x è il coseno e la y è il seno.

Se abbiamo il centro in (0,1), come y abbiamo la somma tra 1 e il seno.

Il parametro t è compreso tra 0 e 2π.

Una volta parametrizzato il vincolo basta solo sostituire le formule di x e y dentro alla nostra funzione:

Adesso

la funzione è diventata una banale g(t) quindi possiamo porre la derivata uguale a zero per calcolare gli estremi.

Dalla seconda alla terza riga abbiamo sfruttato l’equazione trigonometrica fondamentale che dice che

cos2(t) = 1 – sin2(t).

Per risolvere l’equazione poniamo sin(t) = u.

Il seno è -1 quando t = 3π/2,

mentre

Il seno è 1/2 quando t = π/6 o t = 5π/6.

Questo si capisce dalla trigonometria.

Non abbiamo messo la periodicità perché sappiamo che t ∈ [0, 2π] quindi non bisogna metterla.

Quei tre sono quindi i candidati ad essere massimi o minimi di f vincolata alla circonferenza.

Ora basta fare come in analisi 1:

guardiamo dove

la funzione cresce e decresce (cioè poniamo g'(t) > 0) e otteniamo così i massimi e i minimi.

Faremo ancora esercizi su questo quindi non aggiungo molto altro:

il concetto è che parametrizzando il vincolo riusciamo ad avere una funzione con una sola variabile e quindi utilizziamo le tecniche di analisi 1.

UNA CHICCA:

quando abbiamo trovato g'(t) possiamo direttamente porla >0 senza andare a guardare i risultati dell’equazione g'(t)=0.

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Teorema dei moltiplicatori di Lagrange

Il teorema ci permette trovare le equazioni che ci servono per capire quali sono i punti di estremo vincolato.

Prendiamo f, g∈ C1(R2)

e

un punto di estremo vincolato P* per f sotto il vincolo Γ = {(x, y)∈ R2 t.c. g(x, y)=0}.

Se ∇ g(P*) ≠ 0

ALLORA:

Se ∇ g(P*) = 0 allora bisogna studiare a parte quello che succede.

Il teorema ci dice che per trovare i massimi e i minimi vincolati basta risolvere il seguente sistema:

In generale,

conviene sempre cercare di parametrizzare il vincolo perché con i moltiplicatori di Lagrange si fanno un bel po’ di conti.

Ora per la vostra gioia dimostreremo il teorema.

Siccome è una dimostrazione grossa le facciamo un titoletto.

dimostrazione

Dobbiamo dimostrare che

dato un punto di estremo vincolato P*=(x*,y*) e un vincolo Γdefinito come abbiamo scritto prima, ipotizzando che il gradiente di g sia diverso da zero riusciamo a dire che esiste un λ che verifica una certa equazione (quella con i gradienti di f e g).

Organizzeremo la dimostrazione così:

  1. nel primo passo dimostriamo che Γ coincide con il grafico di una funzione e quindi si può parametrizzare;

  2. nel secondo passo  la parametrizziamo;

  3. nel terzo passo scriviamo f(x(t),y(t)) e la deriviamo perché dipende solo da t;

  4. nel quarto passo dimostriamo che il gradiente di g è perpendicolare ad un certo vettore;

  5. nel quinto passo  concludiamo la dimostrazione.

1.- Dimostriamo che Γ si può parametrizzare.

Abbiamo detto che ipotizziamo che ∇ g(P*) ≠ 0.

Ciò significa che

una delle due derivate parziali di g è diversa da zero.

Supponiamo che sia la ∂g/∂y.

Possiamo applicare il teorema del Dini:

esiste di sicuro un’unica funzione

φ(x) tale che g(x, φ(x)) = 0 per ogni x che sta dentro ad un intorno di x*.

Siccome g(x, y)=0 era l’equazione che definiva il vincolo Γ, possiamo dire che in un intorno di x*

il vincolo si comporta come una funzione:

la x rimane x ed è la variabile indipendente mentre

la y è uguale a φ(x).

E’ quindi sicuramente parametrizzabile perché le funzioni sono sempre parametrizzabili.

2.- Scriviamo la parametrizzazione.

Definiamo una curva γ che è la parametrizzazione del vincolo Γ:

In pratica,

stiamo facendo quello che abbiamo fatto nell’esempio 2:

partiamo da un’equazione e scriviamo una curva che abbia come x e y delle funzioni dipendenti da t.

Ricordiamo che per ipotesi in P* c’è un punto di estremo vincolato sul vincolo Γ, quindi ci sarà

un punto di estremo vincolato in P* anche sul vincolo γ

perché la curva è la stessa anche se abbiamo cambiato la parametrizzazione.

3.- Deriviamo f(x(t),y(t)).

Poniamo per comodità

h(t) = f(x(t),y(t)).

Siccome quando abbiamo parametrizzato abbiamo detto che x(0)=x* e y(0)=y*,

il fatto che ci sia un punto di estremo vincolato in (x*,y*) implica che

per la funzione h(t) c’è un punto di estremo in t = 0.

In pratica,

il punto (x*,y*) = P* viene riscritto come (x(0),y(0)), che sfrutta la parametrizzazione che abbiamo fatto.

Se uno è un estremo lo sarà anche l’altro perché sono solo due modi diversi di indicare lo stesso punto.

Nel secondo caso abbiamo t = 0.

Possiamo quindi dire che per il teorema di Fermat h'(0) = 0.

Utilizzeremo questo risultato tra poco.

Ora faremo quello che in gergo tecnico si dice parkour.

Calcoliamo la h'(t) utilizzando la regola della catena

e

successivamente poniamo t = 0 in modo da trovare h'(0).

La regola della catena funziona così:

siccome h(t) = f(x(t),y(t)), deriviamo f rispetto ad x e lo moltiplichiamo per x’ e poi deriviamo f rispetto ad y e moltiplichiamo per y’.

Come vedete,

dopo aver calcolato h'(t) abbiamo posto t=0.

Siccome x(0)=x* e y(0)=y* abbiamo ottenuto la penultima riga.

Per ottenere l’ultima riga abbiamo posto

v = (x'(0), y'(0)).

Nell’ultima riga stiamo quindi facendo

un prodotto scalare tra il gradiente di f nel punto P* (che è un vettore contenente le derivate parziali di f) e il vettore v che abbiamo definito.

Siccome nel prodotto scalare facciamo

il prodotto tra la prima componente del gradiente e la prima componente di v

e

successivamente quello tra le seconde componenti,

la penultima riga e l’ultima riga sono identiche.

Vi starete chiedendo a cosa serve.

Intanto, siccome prima abbiamo detto che h'(0)=0 possiamo scrivere:

Per capire a cosa serve tutto questo dobbiamo aspettare il punto 5.

Per ora l’unica cosa che possiamo dire è che

il gradiente di e il vettore v sono perpendicolari perché il loro prodotto scalare è nullo.

4.- Dimostriamo che ∇ g(P*) e v sono perpendicolari.

Abbiamo parametrizzato il vincolo ponendo x=x(t) e y=y(t).

Nel punto 3 abbiamo scritto f(x(t),y(t)) ma nessuno ci vieta di scrivere anche g(x(t),y(t)), tanto la parametrizzazione è valida.

Poniamo m(t) = g(x(t),y(t)).

Sappiamo dall’equazione di Γ che g(x, y)=0, quindi sarà nulla anche g(x(t),y(t)), e quindi m(t)=0.

Questo significa che se deriviamo entrambi i membri otteniamo m'(t)=0 per qualsiasi t, in particolare m'(0)=0.

Facciamo quindi la stessa cosa che abbiamo fatto nel punto 4 con la h:

calcoliamo m'(t) e poi mettiamo t = 0.

Nell’ultima riga abbiamo sfruttato il fatto che m'(0)=0.

Quindi

∇ g(P*) è perpendicolare a v.

5.- Conclusione.

Nel punto 4 abbiamo detto che

∇ f(P*) è perpendicolare a v,

mentre

nel punto 5 abbiamo detto che

∇ g(P*) è perpendicolare a v.

Quando due vettori sono perpendicolari ad uno stesso vettore significa che sono paralleli.

Ciò significa che

∇ g(P*) e ∇ f(P*) sono paralleli.

La condizione di parallelismo si indica dicendo che

un vettore è multiplo dell’altro:

Abbiamo quindi dimostrato (dopo un procedimento lungo) che

se P* è un punto di estremo vincolato su Γ allora vale la formuletta appena scritta, cioè abbiamo dimostrato

il teorema dei moltiplicatori di Lagrange.

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Funzione Lagrangiana

Prima abbiamo detto che

per trovare gli estremi vincolati bisogna risolvere un sistema.

Il seno riassume quel sistema in un’unica (ed elegante) formula.

La lagrangiana si definisce così:

Il sistema di prima si riassume nella seguente equazione:

Quindi

per ottenere i punti candidati ad essere gli estremi vincolati di una funzione basta porre il gradiente della lagrangiana pari a zero

(se il gradiente di g è diverso da zero).

Concludiamo la lezione facendo vedere che

l’ultima equazione scritta corrisponde al sistema scritto nel teorema dei moltiplicatori di Lagrange:

Ora dall’ultima equazione possiamo dire che g(x, y)=0

e quindi,

siccome deve esserlo sempre, dovranno essere nulle anche le sue derivate:

Quindi, come vedete,

abbiamo ottenuto il sistema che avevamo trovato nel teorema dei moltiplicatori di Lagrange.

Se vi chiedono gli estremi vincolati, dunque, fate la lagrangiana e calcolatevi il gradiente della lagrangiana. Vedremo un esempio nella prossima lezione.

Segue …

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