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campo conservativo e rotore : Lezione 26

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In questa lezione vediamo un altro:

teorema che lega il campo conservativo e il rotore,

inoltre definiamo

l’insieme semplicemente connesso,

la forma differenziale.

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teorema:

campo conservativo e rotore

Nella Lezione scorsa abbiamo fatto visto che

se un campo è conservativo allora il suo rotore è nullo, ovvero è irrotazionale.

E’ vero il viceversa?

NO.

In generale se un campo è irrotazionale non è sempre conservativo.

Tuttavia se mettiamo un altro paio di ipotesi possiamo dire che un campo irrotazionale è conservativo.

Il teorema che vediamo ci dice proprio questo: quando un campo irrotazionale è conservativo?

Se F è irrotazionale e C^1(Ω) e Ω è semplicemente connesso, allora F è conservativo.

Ma cos’è un insieme semplicemente connesso? Ora lo vediamo.

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Insieme semplicemente connesso

Ora vediamo la definizione in due e in tre dimensioni.

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due dimensioni

Prendiamo

un insieme Ω⊆ R2 aperto e connesso.

Ricordiamo che “connesso” significa che non è formato da un’unione di insiemi disgiunti

(cioè non è formato da “pezzi” di insiemi che non si intersecano).

Esso si dice

semplicemente connesso se per ogni curva chiusa γ in Ω, Int(γ)⊆ Ω.

Questo significa che prendendo

una curva chiusa in Ω l’interno della curva è comunque contenuto in Ω.

In pratica,

Ω è semplicemente connesso se non ha buchi.

Per esempio,

Ω=R^2\{(1,1)}

non è semplicemente connesso perché se prendiamo una curva chiusa che contenga il punto (1,1), il suo interno non è tutto contenuto in Ω dato che il punto (1,1) non appartiene all’insieme.

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tre dimensioni

Un insieme Ω⊆ R3 aperto e connesso è semplicemente connesso se per ogni curva chiusa γ⊆ Ω,

essa

si può contrarre attraverso una deformazione continua fino ad un punto senza uscire da Ω.

Questo significa che se riuscite a “stringere” una curva fino a farla diventare un punto senza uscire da Ω l’insieme è semplicemente connesso.

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Per esempio,

l’insieme Ω=R3\{(1,1,1)}

è semplicemente connesso perché se prendiamo una curva qualsiasi (tipo una circonferenza) riusciamo a farla restringere senza uscire da Ω, ovvero senza passare per il punto (1,1,1).

Queste due definizioni sono solo perché potrebbero essere chieste con le domande di teoria.

Vanno prese così come sono.

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Forma differenziale

Dato

un campo F: Ω⊆ R^2 → R^2,

la forma differenziale ω è definita così:

Vi state domandando cos’è?

Niente, è definita così e la teniamo così.

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Se però siamo in tre dimensioni la definizione è questa:

Dato

un campo F: Ω ⊆ R^3 → R^3,

la forma differenziale ω è definita così:

Da notare che

F è conservativo se e solo se ω è esatta,

ovvero

se e solo se esiste una funzione (che è il potenziale U) tale che la sua derivata coincide con la forma differenziale.

Inoltre

F è irrotazionale se e solo se ω è chiusa,

ovvero

in due dimensioni se e solo se ∂F1/∂y = ∂F2/∂x.

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esempio 1

Prendiamo la forma differenziale e cerchiamo di capire se è chiusa e se è esatta.

Dalla definizione di forma differenziale sappiamo che

il campo è F=(x2y, y2x).

Esso ha dominio R^2, che è semplicemente connesso.

Per capire se è chiusa basta calcolare le derivate parziali di F:

Questo ci fa capire che, siccome le derivate parziali non sono uguali,

la forma differenziale non è chiusa.

Quindi

il campo non è irrotazionale.

Inoltre sappiamo che

se il dominio è semplicemente connesso (e lo è), dai teoremi visti possiamo dire che F è conservativo se e solo se F è irrotazionale.

Quindi

F non è conservativo (perché non è irrotazionale) e la forma non è esatta.

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esempio 2

Ora vediamo un esempio sulle cose della lezione scorsa.

Non lo abbiamo fatto nella scorsa lezione perché era bella pesante e quindi era meglio lasciar fermentare tutto (come con il vino).

Cerchiamo

il potenziale U del campo seguente:

Prima di cercare il potenziale dobbiamo capire se esiste il potenziale, ovvero se F è conservativo.

Il dominio è y>0.

Questo significa che è semplicemente connesso e quindi per capire se F è conservativo possiamo vedere se è irrotazionale:

Le derivate parziali sono uguali,

ovvero

F è irrotazionale e quindi è anche conservativo.

Possiamo cercare

il potenziale.

Per cercarlo utilizzeremo

la definizione di campo conservativo:

sappiamo che

la derivata parziale di U rispetto ad x deve essere uguale alla prima componente del campo.

In formule:

In pratica abbiamo scritto la definizione e poi integrato da entrambe le parti.

La prima componente del campo la conosciamo.

Tuttavia abbiamo aggiunto una g(y) perché quando integriamo si aggiunge sempre una costante (il classico “+c”).

La funzione g(y) è vista come una costante perché abbiamo integrato in dx quindi la y è costante.

La morale è che

se derivate la U che abbiamo scritto rispetto ad x ottenete F1 perché la derivata di g(y) rispetto ad x è 0.

Una volta visto questo,

cerchiamo la g(y) utilizzando l’altra condizione data dalla definizione di campo conservativo:

la derivata di U rispetto ad y è uguale alla seconda componente del campo.

Questa volta abbiamo la U quindi otteniamo:

Abbiamo derivato la U rispetto ad y e poi trovato la g(y) integrando la g'(y).

La morale è che

il potenziale è il seguente:

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Se il campo ha tre componenti,

dall’equazione ∂U/∂x=F1 ottenete non una g(y) ma una g(y, z) che poi va

derivata rispetto ad y per trovare ∂g/∂y.

A questo punto

si integra in dy la ∂g/∂y e come costante si mette h(z).

Poi si

deriva la U (che adesso dipende solo da h(z)) rispetto a z

(trovando quindi un’equazione con h'(z)) e si trova quanto vale h(z).

Segue …

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