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Archivi giornalieri: 8 aprile 2021

Teorema di Weierstrass

Teorema di Weierstrass 

In analisi matematica,

il teorema di Weierstrass è un importante risultato riguardo l’esistenza di massimi e minimi di funzioni di variabile reale.

Il teorema può essere esteso anche a funzioni reali definite in generale su spazi topologici (e dunque anche su qualsiasi spazio metrico).

Enunciato, per funzioni reali a una variabile reale

Sia  un intervallo chiuso e limitato non vuoto

e

sia  una funzione continua.

Allora

  ammette (almeno) un punto di massimo assoluto nell’intervallo 

e

ammette (almeno) un punto di minimo assoluto nell’intervallo .

Dimostrazione con la nozione di compattezza

Poiché  è una funzione continua, essa trasforma insiemi compatti in insiemi compatti.

Dato che  è un intervallo chiuso e limitato, per il teorema di Heine-Borel è un compatto;

quindi anche la sua immagine mediante  sarà un compatto di , e dunque è provvista di massimo e minimo, ovvero  assume un valore massimo e un valore minimo in essa.

Le loro controimmagini in  sono rispettivamente un punto di massimo e un punto di minimo assoluti.

Dimostrazione con successioni di punti

Poniamo 

e individuiamo una successione , tale che  per 

Questa successione certamente esiste: infatti dalla definizione di estremo superiore segue che:

  • se , allora  tale che .

  • se , allora  tale che .

Per ogni  scegliamo ora  tale che Siccome  è limitato, la successione  è limitata, quindi

per il teorema di Bolzano – Weierstrass ammette una sottosuccessione  convergente;

sia  il suo limite per 

Per la continuità di , abbiamo:  per 

D’altra parte  per 

Per il teorema dell’unicità del limite si ha che  e 

Abbiamo quindi dimostrato che la funzione  assume in  il suo valore massimo assoluto.

Similmente

si dimostra anche l’esistenza di un punto  dove la funzione assume il suo valore minimo assoluto.

Necessità delle ipotesi

Chiaramente il fatto che una funzione non soddisfi le ipotesi del teorema di Weierstrass, non implica che non esistano massimo o minimo della funzione; semplicemente, rinunciando alle condizioni di Weierstrass, la loro esistenza non è garantita.

Inoltre, come si vedrà nei controesempi, queste sono le ipotesi più larghe possibili per cui vale l’enunciato stesso. Il teorema non vale se cade anche solo una delle tre ipotesi.

Controesempio nº1. La funzione y = | x | {\displaystyle y=|x|} nell'intervallo [ − 1 , 1 ] {\displaystyle [-1,1]} ridefinita in x = 0 {\displaystyle x=0} non è continua. Il teorema di Weierstrass non è quindi valido.

Controesempio nº1.

  • La funzione  nell’intervallo  ridefinita in  non è continua. Il teorema di Weierstrass non è quindi valido.

  •  non continua: Si consideri  tale che  per  e , che non è continua in . Il teorema non è applicabile, infatti non ha un minimo ma solo un estremo inferiore uguale a .

  • L’intervallo non è chiuso: Si consideri . Essa è continua nell’intervallo limitato , che però non è chiuso. Il teorema non è applicabile, infatti non ha un massimo ma solo un estremo superiore uguale a .

  • L’intervallo non è limitato: Si consideri . Essa è continua , tuttavia l’intervallo è illimitato. Il teorema non è applicabile, infatti non ha un massimo ma solo un estremo superiore uguale a .

Spazi topologici

Il teorema nell’ambito degli spazi topologici ha la seguente forma:

Sia  uno spazio topologico

e

sia  continua in .

Allora

se  è uno spazio compatto ammette massimo e minimo assoluti in .

Equivalentemente il teorema vale per i sottoinsiemi compatti di .

La dimostrazione è quella riportata sopra usando la nozione di compattezza.

Importante conseguenza

Il teorema rese necessario un cambiamento della definizione originaria di massimo/minimo assoluto, la quale originariamente recitava:

 è il punto di massimo assoluto di una funzione  se  per qualsiasi valore di  escluso 

e

 è il punto di minimo assoluto di una funzione se  per qualsiasi valore di  escluso 

Secondo questa definizione,

funzioni come  potrebbero non avere massimi né minimi assoluti in un intervallo sufficientemente ampio, in quanto può esserci più di un valore di  che ha come immagine l’estremo superiore o inferiore del codominio.

A partire dalla formulazione del teorema di Weierstrass, tutti i valori  che hanno come immagine uno stesso valore  estremo del codominio si considerano tutti egualmente punti di massimo e minimo assoluti, sicché la nuova definizione, ancora adesso adottata, è:

 è un punto di massimo assoluto di una funzione  se per qualsiasi valore di 

e

è un punto di minimo assoluto di una funzione se  per qualsiasi valore di 

 

 

 

 

Segue …

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Pubblicato da su 8 aprile 2021 in MATEMATICA

 

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Formulazione debole

Formulazione debole

Nell’ambito delle equazione differenziali, in particolare delle equazioni alle derivate parziali, è di grande importanza lo studio della formulazione debole dei problemi differenziali classici, che per dualità vengono anche chiamati problemi in forma forte o classica. Risolvere un problema in forma debole significa trovare una soluzione, detta soluzione debole, le cui derivate possono non esistere, ma che è comunque soluzione dell’equazione in qualche modo ben preciso. Molto spesso si tratta delle uniche soluzioni che è possibile trovare.

Il concetto di soluzione debole è legato a quello di derivata debole: si tratta di definire la nozione di derivata anche per funzioni integrabili ma non necessariamente differenziabili.

Introduzione

Un problema relativo ad un’equazione differenziale si dice ben posto se possiede una soluzione, se tale soluzione è unica e se dipende in modo continuo dai dati forniti dal problema.[1] Un problema ben posto contiene tutte le caratteristiche ideali al fine di studiarne la risolubilità. La soluzione di un’equazione alle derivate parziali di ordine  si definisce informalmente soluzione classica o soluzione forte se è una funzione differenziabile fino all’ordine -esimo[1] e tutte le derivate esistono e sono continue: per risolvere una PDE in senso classico bisogna dunque cercare una funzione liscia o almeno di classe . La maggior parte delle equazioni differenziali alle derivate parziali non ammette soluzioni classiche, come ad esempio le equazioni di continuità. Se si ammette una funzione non differenziabile come soluzione di un problema ben posto tale soluzione è una soluzione debole, anche detta “soluzione generalizzata” o “soluzione integrale”.[2] La formulazione debole di un problema deriva da quella forte, e una soluzione del problema forte è anche soluzione del problema debole.

Descrizione generale

L’idea di fondo delle formulazioni deboli è quella che portò anche all’introduzione in matematica delle distribuzioni, o “funzioni generalizzate”: si tratta di funzionali lineari definiti sullo spazio di funzioni costituito dalle funzioni dette funzioni di test. Lo spazio delle distribuzioni è lo spazio duale di quello delle funzioni di test. Si tratta di funzioni in un senso più generale: alcune distribuzioni, se viste come funzioni, possono anche non avere alcun corrispettivo nell’analisi tradizionale (si veda ad esempio la delta di Dirac). Intuitivamente, se questo spazio “di test” è abbastanza grande e se ha certe proprietà, è ragionevole pensare di ricostruire la funzione (generalizzata) sapendo come essa agisce su ogni funzione test dello spazio.

Presa un’equazione, per trovare una soluzione debole si procede generalmente col moltiplicare ambo i termini per una funzione test , e di integrare poi entrambi i membri su tutto il dominio di interesse. Dopodiché si “scaricano” le derivate (integrando per parti) dalla funzione  sulla funzione test  quanto basta per poter richiedere la minor regolarità possibile sia a  che a . Per poter effettuare le integrazioni è necessario che sia  che  stiano almeno in  (altrimenti l’integrale non ha senso); inoltre per poter integrare anche i prodotti tra le derivate occorre che stiano anche nello spazio di Sobolev , dove  indica il massimo ordine di derivazione che compare dopo aver scaricato le derivate di  su . Si consideri dunque un operatore differenziale lineare in un insieme aperto  in :

in cui il multi-indice  spazia in un sottoinsieme finito di  ed i coefficienti  sono funzioni sufficientemente lisce di . L’equazione , dopo essere stata moltiplicata per una funzione di test  liscia e avente un supporto compatto in , può essere integrata per parti  volte in modo che viene ad essere scritta come:

dove l’operatore differenziale  è dato da:

Il numero:

appare poiché ogni integrazione per parti produce una moltiplicazione per -1. L’operatore  è l’operatore aggiunto di .

Si vede quindi che se l’originale formulazione (formulazione forte) richiede di trovare una funzione  (soluzione forte) definita su , differenziabile |α|-volte e tale che:

allora una funzione integrabile  è una soluzione debole se:

per ogni funzione liscia a supporto compatto .

Su domini limitati una soluzione forte è anche soluzione debole, in quanto le procedure di integrazione per parti sono lecite. Se ci si pone il problema inverso, cioè se una soluzione  del problema debole soddisfa anche il problema forte, si vede che  non può essere soluzione forte se si interpretano le derivate in senso classico per due motivi:

  • La funzione  appartiene a  e dunque non può avere in generale una derivata seconda continua (altrimenti sarebbe anche in ), come invece richiesto dalla soluzione forte.
  • Nella formulazione debole non è nemmeno chiesto che  sia definita ovunque. Affinché ogni integrale di Lebesgue abbia senso,  può assumere valori arbitrari anche in un’infinità numerabile di punti del dominio (più precisamente in un insieme con misura di Lebesgue nulla, o quasi ovunque).

Si spiega quindi il motivo di considerare  non più come una funzione, ma come una distribuzione. Assumendo ciò e interpretando le derivate nel senso delle distribuzioni, si può dire che  soddisfa il problema forte (nel senso delle distribuzioni). Anche l’assunzione dei dati al bordo è problematica: per quanto detto sopra, considerando che il bordo del dominio ha sempre misura nulla, parlare del valore di  sul bordo non ha senso classicamente. La soluzione a questo problema si ha considerando il dato al bordo come limite (nel senso di ) di funzioni di classe  a supporto compatto che approssimano  nel senso di .

Esempio

Per illustrare il concetto, si consideri l’equazione delle onde:

in cui  è differenziabile con continuità su . Moltiplicando l’equazione per una funzione liscia e a supporto compatto , e integrando si ottiene:

Grazie al teorema di Fubini è possibile scambiare l’ordine di integrazione, in modo che integrando per parti in  il primo termine e in  il secondo:

Si nota che gli integrali vanno da −∞ a ∞, ma sono sostanzialmente valutati su un dominio chiuso in quanto  ha supporto compatto. Esiste quindi una funzione , che può non essere differenziabile, che soddisfa quest’ultima equazione per ogni  ma che non è una soluzione dell’equazione delle onde: si tratta di una soluzione debole.

Ad esempio:

è una soluzione debole, come si mostra integrando per parti ai lati della retta .

Lemma di Lax-Milgram

Lo stesso argomento in dettaglio: Lemma di Lax-Milgram e Teorema di Babuška-Lax-Milgram.

Sia  uno spazio di Banach. Si vuole trovare una soluzione  dell’equazione:

dove  e , con  lo spazio duale di .

Il calcolo delle variazioni mostra come questo sia equivalente a trovare  tale che per tutti i  vale:

Si può considerare  un vettore o funzione di test.

La formulazione debole del problema significa trovare  tale che:

definendo la forma bilineare:

Enunciato

Il lemma di Lax-Milgram può essere applicato alle forme bilineari, anche se non ne è la versione più generale. Sia  uno spazio di Hilbert e  una forma bilineare su  che è limitata:

coercitiva:

Allora, per ogni  esiste una soluzione unica  per l’equazione:

e si ha:

Sistema di equazioni lineari

Ad esempio, nel caso di un sistema di equazioni lineari si ha , e  è una trasformazione lineare. La formulazione debole dell’equazione:

consiste nel trovare  tale che per ogni  vale l’equazione:

dove  denota il prodotto interno.

Dato che  è una mappa lineare è sufficiente provare i vettori di base :

Utilizzando l’espansione come combinazione lineare dei vettori di base:

si ottiene la forma matriciale dell’equazione:

dove  e .

La forma bilineare associata a tale formulazione debole è:

Si nota che tutte le forme bilineari su  sono limitate e in particolare:

Per quanto riguarda la coercitività, significa che la parte reale degli autovalori di  non deve essere più piccola di . Questo implica che nessun autovalore può essere nullo, e il sistema è quindi risolvibile. Inoltre, si può stimare:

dove  è la più piccola parte reale assunta dagli autovalori di .

Esempio monodimensionale

Si consideri il seguente problema di Poisson con condizioni al bordo miste omogenee:

Moltiplicando a destra e a sinistra per una funzione test , per il momento senza specificare a quale spazio appartiene, e integrando per parti tra  e  si ha:

Sfruttando quindi le condizioni al bordo per  si può scrivere:

dove sia  che  devono stare in  affinché gli integrali abbiano senso. Spesso, soprattutto in analisi numerica, si preferisce effettuare il cambio di incognita ponendo:

dove  è detta “rilevamento” di  sul bordo. La funzione , infatti, assume al bordo gli stessi valori di , in modo che  sia nulla sul bordo. Inoltre  deve appartenere anch’essa a , di modo che sostituendo  nell’equazione si ottenga:

Se ora si sceglie come spazio delle funzioni test lo spazio:

allora  e  stanno nello stesso spazio. Questo è molto utile poiché risulta possibile applicare il lemma di Lax-Milgram per verificare se il problema è ben posto, cioè se ammette un’unica soluzione e se questa dipende con continuità dai dati.

Formulazione per equazioni ellittiche del secondo ordine

Un’equazione differenziale lineare alle derivate parziali ellittica del secondo ordine in  variabili indipendenti  definita su insieme aperto  può essere scritta in modo generale come:

dove le variabili sono tutte funzioni di .

È possibile scrivere tale equazione anche nella forma:

assumendo  e  in .

La soluzione classica di tale problema consiste nella determinazione di una funzione  che soddisfi l’equazione nella sua forma generale per tutti i vettori  e che soddisfi inoltre le condizioni al bordo per tutti i vettori . Tale problema non risulta risolvibile in generale, e per questo motivo si introduce la formulazione debole del problema.

La sua derivazione consiste in quattro passi:

  • Moltiplicazione ad entrambi i membri per una funzione di test :
  • Integrazione su :
  • Utilizzo del lemma di Green per la riduzione del grado massimo delle derivate:
con  normale alla frontiera di . È possibile altresì dividere il bordo a seconda delle condizioni che vengono fornite per esso. Assumendo , dove  indica i punti del bordo dove vengono fornite condizioni di Dirichlet e  i punti del bordo dove vongono fornite condizioni di Neumann. L’equazione precedente si può quindi sviluppare come:
  • Determinazione dei più ampi spazi funzionali tali per cui  e  siano funzioni con integrale finito:
con  indicante lo spazio di Sobolev.

La formulazione debole richiede quindi a questo punto la determinazione della funzione  che verifica l’equazione all’ultimo punto. Chiaramente la formulazione classica determina una funzione che soddisfa anche la formulazione debole.

Segue …

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