Georg Friedrich Bernard Riemann
Archivi categoria: Derivata
Teorema di Fermat
una funzione reale di variabile reale y = f(x),
I.)
II.)
e in cui la derivata è nulla:
Nel secondo caso diciamo che
Se un punto interno
se la funzione è derivabile in
si ha che
il teorema nel caso in cui
esiste almeno un intorno
esiste almeno un intorno
Noi vogliamo dimostrare che
La condizione, a maggior ragione, vale se escludiamo il punto
In questo modo la differenza
1,) Per
2.) Per
Se passiamo al limite per
Per l’ipotesi di derivabilità di f in
L’annullamento della derivata prima di una funzione derivabile in un punto
Massimi e minimi relativi e assoluti
Georg Friedrich Bernard Riemann
°°°°°
“Se le persone credono che la matematica non sia semplice, è soltanto perché non si rendono conto di quanto la vita sia complicata.“
(John von Neumann)
Massimi e minimi relativi e assoluti
Questa lezione è il punto di partenza per
lo studio di massimi e minimi
e
della monotonia (crescita e decrescita) delle funzioni,
e viene trattato nel dettaglio qui e nelle lezioni successive.
Studiamo
le definizioni preliminari su massimi e minimi relativi e assoluti,
che riprenderemo nel seguito.
Tenete conto che
lo studio dei massimi e dei minimi
è il cuore
della teoria delle derivate
e che trova la sua principale applicazione nello
studio di funzione.
Per comprendere a fondo l’argomento è importante avere dimestichezza con i tipi di monotonia delle funzioni; nel caso, vi suggeriamo un ripasso tattico.
Indice
-
Definizioni
-
Esempio
-
Relazione
-
Caratterizzazione
Cosa sono i massimi e i minimi di una funzione?
I massimi e minimi relativi e assoluti di una funzione
sono rispettivamente
i massimi e i minimi valori che la funzione assume
localmente o globalmente;
le ascisse corrispondenti vengono dette
punti di massimo e di minimo (relativi o assoluti).
Uno dei principali utilizzi delle derivate, in Analisi Matematica,
è studiare alcuni aspetti qualitativi delle
funzioni reali di variabile reale f : Dom⊆R→R,
individuate da un’espressione analitica y = f(x).
Sapendo calcolare le derivate avremo un procedimento che ci permetterà di studiare una qualsiasi funzione derivabile per:
– trovare tutti i massimi e i minimi, sia relativi che assoluti;
– stabilire in quali intervalli la funzione cresce o decresce.
Per riuscirci dobbiamo prima conoscere
le definizioni rigorose di massimo e minimo relativo e assoluto.
°°°°°
1.) ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-13.38.42.png?w=645)
Sia y = f(x) una funzione con dominio Dom(f).
Diciamo che
è un punto di massimo assoluto per la funzione,
e che
è il massimo assoluto della funzione,
se per ogni
risulta che ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-13.32.16.png)
Osservazione:
nella definizione
è un punto di massimo,
il valore massimo assoluto.
A uno o più punti di massimo assoluto corrisponde il massimo valore assoluto.
2.) ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-13.38.52.png?w=645)
Sia y = f(x) una funzione con dominio Dom(f).
che
è un punto di minimo assoluto per la funzione,
e che
è il minimo assoluto della funzione,
se per ogni
risulta che ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-13.38.24.png)
°°°°°
Riguardo alla distinzione tra
punto di massimo assoluto e punto di minimo assoluto,
vale un’osservazione analoga alla precedente.
Significato di assoluto
In parole povere
un punto di massimo assoluto è un’ascissa che realizza, mediante la funzione, il massimo tra tutti i valori assunti da f;
un punto di minimo assoluto è un’ascissa che realizza, mediante la funzione, il minimo tra tutti i valori assunti da f.
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La condizione di
come punto di massimo assoluto per la funzione se:
Analogamente
diciamo che
è un punto di minimo assoluto per la funzione se:
3.) ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-15.40.48.png?w=645)
Sia y = f(x) una funzione con dominio Dom(f).
Diciamo che
è un punto di massimo relativo per la funzione
se esiste almeno un intorno
di raggio δ e centro
tale che per ogni x appartenente a
risulta che ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-13.32.16.png)
4.) ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-15.40.23.png?w=645)
Sia y = f(x) una funzione con dominio Dom(f).
Diciamo che
è un punto di minimo relativo per la funzione
se esiste almeno un intorno
di raggio δ e centro
tale che per ogni x appartenente a
risulta che
.
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In altri termini
un punto è di massimo relativo se esiste un intorno di tale punto in cui il valore della funzione nel punto è il massimo valore tra quelli assunti dalla funzione nell’intorno.
In modo analogo
un punto é di minimo relativo se esiste un intorno di tale punto in cui il valore della funzione nel punto è il minimo valore tra quelli assunti dalla funzione nell’intorno.
Potrebbe sembrare uno scioglilingua, quindi cerchiamo di esprimerci in modo più sintetico:
un punto di massimo o un punto di minimo è relativo
se determina localmente
il massimo valore o il minimo valore di ordinata della funzione.
Attenzione, inoltre,
a un aspetto della definizione che potrebbe passare inosservato.
L’intorno non deve essere tutto contenuto nel dominio,
ma la condizione sui valori della funzione deve valere
per tutti i punti appartenenti all’intorno e in cui la funzione è definita.
Esempio generale
Tutto questo sembra complicato, ma non lo è.
Consideriamo la funzione rappresentata in figura,
tenendo conto che il grafico non prosegue oltre l’intervallo in cui è disegnato.
I punti evidenziati in nero sull’asse delle ascisse sono rispettivamente:
un punto di massimo relativo, un punto di minimo relativo,
un punto di massimo assoluto, un punto di minimo assoluto.
Le corrispondenti ordinate sono rispettivamente:
un massimo relativo, un minimo relativo,
un massimo assoluto, un minimo assoluto.
Come caso particolare,
se immaginiamo che
la funzione sia definita negli estremi sinistro e destro dell’intervallo,
allora tali punti sono rispettivamente di minimo relativo e di massimo relativo;
da notare che in questo caso la definizione si adatta all’esistenza di un intorno solo destro o solo sinistro.
Se invece immaginiamo che
i due estremi non siano inclusi nell’intervallo di definizione,
allora… non sono nulla.
Per completezza,
i punti di massimo e minimo vengono detti punti estremanti della funzione,
indipendentemente che siano relativi o assoluti.
Relazione tra massimi e minimi relativi e assoluti
Osserviamo che
un massimo (o un minimo) assoluto di una funzione
è anche
un massimo (o un minimo) relativo;
al contrario
un massimo (o un minimo) relativo
non è necessariamente un massimo (o un minimo) assoluto.
La traduzione di quest’ultima frase in matematica è:
1.) relativo è condizione necessaria ma non sufficiente per assoluto;
2.) assoluto è condizione sufficiente ma non necessaria per relativo.
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Caratterizzazione per massimi e minimi nel caso di funzioni continue
Se vogliamo darne una caratterizzazione dal punto di vista pratico,
possiamo affermare che:
1.) Affinché
sia un punto di massimo relativo per la funzione f,
è necessario che la funzione f(x) sia
crescente o non decrescente a sinistra di ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.04.40.png)
e
decrescente o non crescente a destra di
.
2.) Affinché
sia un punto di minimo relativo per la funzione f,
è necessario che la funzione f(x) sia
decrescente o non crescente a sinistra di ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.04.40.png)
e
crescente o non decrescente a destra di
.
Per il momento niente esercizi correlati, ci serve ancora un po’ di teoria.
Nella lezione successiva vedremo
un teorema fondamentale per lo studio dei punti di massimo e minimo delle funzioni reali di variabile reale:
il teorema di Fermat.
Un teorema semplice, ma molto importante.
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Link Lezione precedente
Derivata della funzione inversa
Georg Friedrich Bernard Riemann
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“Se le persone credono che la matematica non sia semplice, è soltanto perché non si rendono conto di quanto la vita sia complicata.“
(John von Neumann)
Derivata della funzione inversa
Ora che conosciamo
il primo dei due teoremi fondamentali sul calcolo delle derivate
(derivata della funzione composta),
passiamo a studiare il secondo:
il teorema di derivazione della funzione inversa.
Per capire il significato e l’utilità del teorema è necessario avere un’idea chiara su cos’è l’inversa di una funzione.
In questa lezione ne diamo un cenno, ma in caso di dubbi vi invitiamo a leggere la lezione di riferimento: inversa di una funzione.
Indice :
-
Premessa
-
Teorema
-
Esempio
-
Dimostrazione
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1.) Premessa: a proposito della funzione inversa
Sia
y = f(x) una funzione reale di variabile reale con dominio Dom(f),
e supponiamo che
y = f(x) sia biunivoca, ossia iniettiva e suriettiva.
Allora
esiste una funzione inversa,
vale a dire
una funzione x = g(y) tale che g(f(x)) = x.
L’inversa di una funzione f si indica con ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-10.06.55.png)
e stabilisce proprio
la corrispondenza inversa rispetto all’associazione definita da y = f(x),
in modo che
la composizione delle due funzioni si riduca alla funzione identità su Dom(f),
ossia ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-10.07.16.png)
°°°°°
2.) Teorema di derivazione della funzione inversa
Il teorema per la derivata della funzione inversa è un risultato teorico
che permette di
calcolare la derivata dell’inversa di una funzione in un punto
senza
conoscere l’espressione analitica dell’inversa.
Enunciato.
Consideriamo
una funzione y=f(x) invertibile, derivabile in un punto ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.04.40.png)
e
supponiamo che
f(x) abbia derivata diversa da zero nel punto: ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-10.10.55.png)
Allora
la funzione inversa
è derivabile nel punto ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.56.24.png)
e la sua derivata in tale punto è:![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-10.11.30.png)
L’enunciato può sembrare difficile,
ma analizzandolo si vede subito che non lo è.
Per ipotesi la funzione f deve essere invertibile,
dunque tale da ammettere una funzione inversa
;
deve essere derivabile in un punto
del suo dominio e
la derivata in tale punto deve essere diversa da zero:
.
Sotto queste condizioni, la tesi fornisce due informazioni:
I.) la funzione inversa
è derivabile nell’immagine del punto
mediante f, ossia in ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.04.57.png)
II.) sappiamo anche come
calcolare la derivata della funzione inversa
nel punto
,
ossia come
reciproco della derivata della funzione f nel punto
.
Qualcuno potrebbe confondersi leggendo le parole tra simboli e punti, ma la seguente immagine dovrebbe chiarire le idee.
Per quale motivo il teorema è utile?
Perché
ci permette di calcolare la derivata di una funzione – l’inversa – senza bisogno di derivarla.
Inoltre,
nonostante il teorema fornisca un criterio di calcolo della derivata dell’inversa in un punto,
possiamo conoscere in automatico la derivata dell’inversa come funzione:
è sufficiente applicare la formula del teorema considerando un punto generico.
Esempio
di derivazione della funzione inversa
Se siete interessati a esempi numerici, al termine della lezione vi suggeriamo di leggere la scheda correlata di esercizi risolti.
Qui vediamo un esempio un po’ più fine,
utile per mostrare l’importanza del teorema.
3.) Esempio:
usare il Teorema di derivazione della funzione inversa per dimostrare che
la derivata dell’esponenziale è l’esponenziale stessa.
Svolgimento:
consideriamo la funzione logaritmica f(x) = ln (x), e non a caso.
Il suo dominio è Dom (f) = (0,+∞),
è biunivoca,
è derivabile su tutto il suo dominio.
Conosciamo la funzione inversa della funzione logaritmica,
che è proprio l’esponenziale:
.
Infatti:
Sappiamo che la derivata del logaritmo è:![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-10.26.36.png)
Usiamo il teorema di derivazione della funzione inversa,
considerando
come un generico punto.
Possiamo farlo perché la derivata f'(x) non si annulla in alcun punto del dominio, quindi le ipotesi del teorema sono soddisfatte.
La tesi ci dice che
la derivata dell’inversa nel punto ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.56.24.png)
è il reciproco della derivata ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-10.29.44.png)
Poiché è
, sostituiamolo nell’uguaglianza:
Poiché è
, possiamo scrivere:
A destra dell’uguale possiamo usare la regola per le frazioni di frazioni:
Cosa abbiamo scoperto?
Che
è quella funzione che, applicata al logaritmo
, dà
.
Quindi,
per la generalità del punto
, abbiamo scoperto che anche
deve comportarsi come inversa della funzione ln (x).
In sintesi:
il teorema ci ha permesso di calcolare
la derivata dell’inversa di f(x) = ln (x),
ossia
la derivata della funzione esponenziale ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-10.25.01.png)
Questa derivata deve comportarsi come inversa del logaritmo,
quindi deve essere a sua volta l’esponenziale:
E abbiamo trovato che
la derivata dell’esponenziale è l’esponenziale stessa.
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4.) Dimostrazione
del teorema per la derivata della funzione inversa
Concludiamo con la dimostrazione del teorema.
Dato che vogliamo ricavare
la formula per la derivata dell’inversa in un punto, facciamo riferimento
alla definizione di derivata come limite del rapporto incrementale.
Per ipotesi
la funzione inversa
esiste,
perché
è invertibile.
Consideriamo il limite del rapporto incrementale della funzione inversa centrato nel punto ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.56.24.png)
Quest’ultimo è l’immagine di un punto
in cui la funzione
è derivabile con derivata diversa da zero:
.
Vogliamo
dimostrare che questo limite esiste finito e che è uguale al reciproco di
.
Riscriviamolo esprimendo tutto nella variabile x, ma facciamolo con cautela.
Dire che
significa che
: ciò implica che
?
Sì, perché f(x) è una funzione derivabile in
,
dunque è anche continua in
.
Dai teoremi sulla continuità anche
l’inversa deve essere continua nell’immagine
,
ossia
al tendere di
risulta che
,
e questo significa che
.
Possiamo allora riscrivere
il limite del rapporto incrementale
come:
Per definizione di funzione inversa,
risulta che![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-11.02.44.png)
e che
.
Ciò ci permette di esprimere
il limite del rapporto incrementale
nel seguente modo:
Osserviamo attentamente il limite appena scritto.
Esso non è altro che il reciproco del rapporto incrementale associato alla funzione f(x) e centrato in
:
Per ipotesi la funzione f(x) è derivabile in
,
dunque esiste ed è finito il limite:
A questo punto facciamo intervenire l’Algebra dei limiti
e l’ipotesi per cui
, così che esiste finito il limite:
Di conseguenza
la funzione
è derivabile in
,
e la derivata in tale punto vale:
Ossia la tesi.
Nella scheda correlata di esercizi svolti ci concentriamo sull’applicazione pratica del teorema, ossia come calcolare la derivata della funzione inversa in uno specifico punto.
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Link Lezione precedente
Derivata della funzione composta
Georg Friedrich Bernard Riemann
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“Se le persone credono che la matematica non sia semplice, è soltanto perché non si rendono conto di quanto la vita sia complicata.“
(John von Neumann)
Derivata della funzione composta
Per calcolare la derivata di una funzione qualsiasi ci mancano due strumenti. In questa lezione ci occupiamo del primo: è
il teorema di derivazione della funzione composta.
Questo risultato teorico ha una grande importanza nella risoluzione degli esercizi, perché il 99% delle funzioni che dovremo derivare sono composte.
Nella lezione sull’Algebra delle derivate abbiamo visto qual è la relazione tra la derivazione e le operazioni tra funzioni;
nella tabella delle derivate notevoli, invece, abbiamo visto come calcolare le derivate delle principali funzioni mediante la definizione.
Tenetele a mente prima di proseguire nella lettura.
Indice
-
Teorema
-
Esempio
-
Con tre o più funzioni
-
Dimostrazione
Teorema per la derivata della funzione composta
Il teorema della derivata della funzione composta,
detto anche Regola di Derivazione,
stabilisce che
la derivata di una funzione composta
si calcola come prodotto tra
la derivata della funzione esterna
e
la derivata della funzione interna;
è una regola che permette di calcolare
la derivata di una composizione di funzioni
come
prodotti e derivazioni concatenate.
°°°°°
Consideriamo
due funzioni reali di variabile reale y = f(x) e z =g(y);
sia poi
z = h(x) = g(f(x)) la composizione delle due funzioni.
Supponiamo che
f(x) sia derivabile in
e che
g(y) sia derivabile in ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.04.57.png)
Vale la seguente formula:
Da un punto di vista operativo,
il teorema permette di calcolare la derivata composta come funzione:
Se preferite, possiamo anche esprimere la formula come:
In parole povere,
la derivata della funzione composta
è data
dalla derivata della funzione più esterna, con argomento invariato, moltiplicata per la derivata della funzione più interna.
Con “funzione più esterna”
si intende l’ultima funzione che interviene nella composizione, g(y),
con funzione “più interna”
si intende la prima funzione che si considera nella composizione, f(x).
Esempio
sulla derivazione della funzione composta
Data la funzione z = h(x), definita come:
Abbiamo
come funzione più esterna:![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.18.21.png)
come funzione più interna:![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.18.31.png)
Calcoliamo le derivate separatamente.
Abbiamo
la derivata del logaritmo : ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.18.44.png)
la derivata di una somma:![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.18.56.png?w=645)
Ricordiamoci che è y = f(x):
Il teorema della derivata composta ci dice che
la derivata h'(x) è data da:
°°°°°
Un modo semplice per capire
la logica della derivazione delle funzioni composte è questa:
immaginiamo che la funzione composta da derivare sia un’arancia.
Il teorema stabilisce che prima bisogna derivare la “buccia”
mantenendo la “polpa” invariata,
dopodiché si moltiplica il tutto per la derivata della “polpa”.
°°°°°
Derivazione di più funzioni composte
Il teorema si estende anche al caso di composizioni di tre o più funzioni.
Ad esempio,
nel caso di tre funzioni p(x), q(x), r(x) :
h(x) = r(q(p(x))) ; → h'(x) = r'(q(p(x)))·q'(p(x))·p'(x)
Si procede allo stesso modo nel caso di n funzioni composte tra loro:
si parte derivando la funzione più esterna
(l’ultima in ordine di composizione)
e se ne mantiene l’argomento invariato.
Poi, si passa al livello successivo:
si dimentica la funzione appena derivata,
si deriva la funzione successiva e se ne mantiene l’argomento invariato.
Si moltiplicano tutte le derivate ottenute e si procede così fino alla funzione più interna, ossia la prima in ordine di composizione.
Esempio
Deriviamo la seguente funzione:
Notiamo che
h(x) è la composizione di tre funzioni, h(x) = r(q(p(x))), dove:
Calcoliamo le tre derivate separatamente
(ricordando qual è la derivata del seno):
Applichiamo il teorema:
Nota bene
Quando in una composizione di funzioni ci si riferisce
all’ultima funzione in ordine di composizione
si intende la prima funzione che si scrive.
Ad esempio,
in f(x) = Z(W(…(A(X))))
l’ultima funzione in ordine di composizione è Z, è la prima da derivare.
La prima funzione in ordine di composizione è A, è l’ultima da derivare.
Dimostrazione
del teorema di derivazione della funzione composta
Diamo la dimostrazione nel caso di due funzioni,
siano z = g(y) e y = f(x),
cosicché
la funzione composta è z = h(x) = g(f(x)).
Nel caso di più funzioni composte si ragiona in modo analogo.
Usiamo la definizione di derivata
e
calcoliamo il limite del rapporto incrementale in
per la funzione h(x).
Obiettivo:
provare che
il limite esiste finito e che si calcola con la formula dell’enunciato.
Scriviamo espressamente h(x) come funzione composta:
moltiplichiamo e dividiamo la frazione per
.
Ora ricordiamo che f(x) = y e che ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.54.25.png)
Inoltre è chiaro che al tendere di
anche ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.54.54.png)
ossia che ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.55.05.png)
Questo perché
la funzione f è derivabile in
,
e
in quanto tale è anche ivi continua.
Grazie a queste considerazioni,
e a una semplice regola dell’Algebra dei limiti:
(il limite di un prodotto é uguale al prodotto dei limiti)
possiamo calcolare:
La funzione g(y) è derivabile in
per ipotesi,
dunque
il primo limite esiste e vale ![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-26-alle-22.55.56.png)
discorso analogo
per f(x), che è derivabile in
.
il secondo limite esiste e vale![](https://dilucia.wordpress.com/wp-content/uploads/2024/06/screenshot-2024-06-27-alle-09.55.46.png)
Ricordiamo infine che
, e la dimostrazione è conclusa.
Anche se all’inizio la tecnica di derivazione della funzione composta può apparire impegnativa, dopo una pò di esercizi risulta molto più semplice.
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Link Lezione precedente
Calcolo delle derivate: regole di derivazione
Georg Friedrich Bernard Riemann
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